Sarà che dopo la pandemia la partecipazione agli eventi ha assunto un valore diverso, ma se oltre al piacere di incontrarsi di persona riesci ad aggiungere un contenuto tecnico di alto livello, allora l’evento diventa un sicuro successo. E così è stato per il recente TAGA Day 2023 a Milano. 

Di Stefano d’Andrea

Torna in presenza il Taga Day con tanti contenuti e una bella partecipazione del pubblico. Le aperture di rito, affidate a Padre Alessandro Ticozzi, direttore dell’istituto Salesiani Don Bosco che ha ospitato gratuitamente l’evento (ricordando che a Don Bosco non si deve solo la formazione professionale ma anche il primo contratto di apprendistato), a David Serenelli e Alessandro Mambretti, rispettivamente segretario e presidente di TAGA Italia, hanno sottolineato l’importanza della formazione e di un’educazione al lavoro fondata su basi etiche e morali, e il compito della scuola di formazione grafica perché “è dalle fondamenta che si costruiscono gli edifici”. Le sessioni tecniche si sono susseguite sul tema della gestione dei colori spot toccando tutte le fasi del flusso delle lavorazioni grafiche: dalla progettazione, alla prestampa, alla formulazione degli inchiostri e infine al controllo della qualità sullo stampato.

Scegliere il colore

Luca Morandi ha subito toccato un argomento particolarmente attuale: l’utilizzo e l’evoluzione delle librerie Pantone® nei programmi applicativi grafici. Da novembre 2022 le librerie incluse nei programmi Adobe sono limitate alle sole versioni Pantone® + CMYK Coated, Uncoated e Metallics. Per disporre delle altre librerie oggi occorre acquistare il plugin Pantone® Connect che offre la disponibilità di tutte le librerie complete e aggiornate, incluse quelle per i settori non prettamente grafici come ad esempio il tessile, e la descrizione del colore più completa con valori riportati in tutti i formati utili alla progettazione grafica, inclusi valori L*a*b*, sempre misurati in M2 (con filtro UV) ma ora finalmente più precisi con 2 cifre decimali. È importante ricordare che la stessa Pantone® raccomanda di considerare i propri prodotti esattamente come suggerito dal nome: Formula Guide, quindi una guida e non certamente uno standard di riferimento. È altresì utile ricordare che le formule di composizione degli inchiostri sono riferite a inchiostri offset e non sono da considerare nel caso di stampa flessografica, rotocalco o altro che possono utilizzare delle basi differenti, in quantità diverse e su supporti diversi. Il riferimento di colore Pantone® non è quindi uno standard da utilizzare per la comunicazione del colore in quanto non fornisce garanzie per una comunicazione univoca del colore. Anche se dal 2010 questa guida utilizza dati digitali, gli stessi valori L*a*b* non sono sufficienti perché mancano le informazioni su illuminante (es D50), osservatore (es 2°) e condizioni di misurazione. Per risolvere queste limitazioni e comunicare correttamente le caratteristiche del colore esiste il formato CxF delle cui caratteristiche Carlo Carnelli ha fornito la completa spiegazione che segue.

Comunicare il colore

Il CxF (Color Exchange Format) nacque nel 2001 grazie a Gretag Macbeth come metodo di comunicazione delle caratteristiche dei colori spot tramite device e software. Presto gli sviluppatori intuirono le potenzialità di questo sistema e rinunciarono alla proprietà intellettuale per farlo diventare un formato internazionale regolato dalla norma ISO 17972.Il CxF può contenere informazioni relative a uno o più oggetti colore, quindi sia colori diversi che lo stesso colore in diverse condizioni di misurazione, a partire dai dati spettrali. Il file è un contenitore al cui interno trovano posto anche le tolleranze relative alle differenze di colore attese nella riproduzione, le specifiche dell’illuminante, l’osservatore standard, e il metodo con cui calcolare i valori L*a*b* dai dati spettrali. Le informazioni possono coprire ogni esigenza descrittiva del colore come -ad esempio- la modalità con cui i dati sono stati acquisiti, la geometria dello strumento, il diametro di lettura, il supporto (black/white backing) la lettura a spot o a scansione, e molto altro fino al codice seriale dello strumento utilizzato. Quindi il CxF è in grado di contenere definizioni estremamente specifiche e dettagliate di tutti i parametri necessari alla descrizione del colore. L’evoluzione del formato originario ha portato negli anni al perfezionamento del formato fino ad arrivare nel 2018 al CxF/X-4 che prevede 3 modalità e altrettanti livelli di precisione nella descrizione del colore:

  • CxF/X-4b: solo il pieno del colore
  • CxF/X-4a: il pieno di colore e le sue mezzetinte (minimo 3 fino a 11, ogni 10%) sul supporto
  • CxF/X-4: il colore e le sue mezzetinte sia sul supporto che sul nero per valutare anche il comportamento nel caso di sovrapposizioni.

Quest’ultimo è quindi il formato più completo per gestire il colore e simularne il comportamento su sistemi di prova colore digitale, oppure per importare i valori del colore nello spettrofotometro usato per il controllo del processo di stampa incluse le tolleranze attese in produzione e infine è fondamentale per fornire tutti i dati necessari alla cucina colore per la formulazione degli inchiostri per i colori spot in sala stampa.

Gestire i colori speciali con CxF e PDF

Infine, è possibile incorporare un file CxF all’interno di in un file PDF per corredare un progetto grafico con le informazioni dettagliate relative al colore da riprodurre. Di questo ha parlato Denis Salicetti che ha illustrato, con diversi strumenti disponibili sul mercato, come queste operazioni possono essere svolte per garantire la migliore gestione dei colori speciali. Purtroppo al momento le informazioni contenute in un CxF non sono ancora completamente utilizzabili nei programmi di grafica: non è possibile visualizzare a schermo un risultato attendibile delle sovrastampe e dei passaggi tonali nelle mezzetinte in attesa che siano supportati i più recenti formati PDF 2.0 e PDF/X-6.I valori del colore nel CxF possono differire da quelli utilizzati nel flusso di lavoro, ad esempio valori L*a*b* in M2 nella grafica, formulazione inchiostro in M0 e controllo qualità in M1: occorre quindi fare attenzione alla coerenza dei valori colorimetrici nell’intero processo.

Ancora sui colori spot

Come gestire i colori spot nei sistemi di stampa che utilizzano palette fissa e non dispongono di colori speciali? Ne ha parlato Enrico Galli con esempi pratici sulla stampa digitale a toner e inkjet. Qui è fondamentale la corretta caratterizzazione del sistema, tipicamente rappresentata da un profilo ICC CMYK, per convertire opportunamente il colore spot richiesto. L’utilizzo del CxF in questo ambito si dimostra molto comodo perché questo “contenitore” di informazioni potrà contenere anche le tolleranze attese e questi dati potranno essere utilizzati per ottenere risultati coerenti e prevedibili anche presso stabilimenti di stampa collocati in dislocazioni geografiche differenti.

Dalla teoria alla pratica: preparare l’inchiostro

A questo punto è il momento della preparazione effettiva dell’inchiostro da caricare in macchina e Piero Pozzi ha spiegato perché il CxF è il formato ideale per questa fase fondamentale del processo. Il confronto tra i colori stampati su due mazzette Pantone® del 2022 e 2023 e i rispettivi valori della libreria digitale confermano che la funzione delle guide è proprio di fornire una pura indicazione che può prevedere delle differenze colore superiori a 5 ΔE₀₀ (vedi grafico). A seguire sono stati illustrati alcuni esempi pratici di misurazione e di controllo utilizzando i due strumenti più diffusi sul mercato e i loro software a corredo con una spiegazione passo/passo del flusso delle operazioni e analisi dei risultati ottenuti.

Dalla teoria alla pratica: le condizioni di misurazione

Con l’ultimo intervento tecnico, Luca Morandi ha chiarito un argomento più volte citato durante la giornata e spesso non completamente compreso dagli utenti: le condizioni di misurazione. Introdotte nel 2009 e successivamente confermate nella ISO 13655:2017, descrivono le specifiche della sorgente di illuminazione (il dispositivo che fisicamente illumina il campione da analizzare), l’illuminante standard e l’angolo dell’osservatore, e sono contrassegnate con la lettera M e un numero distintivo. L’esigenza di specificare queste differenti condizioni nasce dalla necessità di gestire la presenza di sostanze fluorescenti nei supporti di stampa e negli inchiostri. Queste sostanze, chiamate “agenti sbiancanti ottici” (OBA) sono in grado di catturare energia nella gamma dell’ultravioletto e trasformarla in luce blu, aumentando il biancore del supporto di stampa e modificando la risposta spettrale del colore misurato. La condizione M0 può essere utilizzata quando si ha la certezza che non vi sia presenza di OBA (valutabile previa misurazione spettrofotometrica), tipicamente nei supporti plastici opachi o trasparenti. La condizione M1 va utilizzata in presenza di OBA e ne consente la corretta gestione. La condizione M2 utilizza un filtro per ignorare la regione ultravioletta, quindi non gestirla in fase di misurazione. La condizione M3 utilizza un filtro polarizzatore, che ha anche funzioni di filtro UV, e va utilizzata quando lo strato di inchiostro presenta differenze tra la condizione appena dopo la stampa e dopo un periodo di asciugatura, come per esempio in stampa offset.

Il TAGA Lab si cura col Paracetacolor

La giornata si è conclusa con l’analisi di un lavoro grafico studiato appositamente per raccogliere informazioni su come vengono gestiti i colori spot descritti da dati digitali nella pratica quotidiana. Gli studenti del corso di packaging di ITS Rizzoli sono stati coinvolti per la progettazione di un layout di una scatoletta di un farmaco, simpaticamente chiamato Paracetacolor che prevede la stampa in soli colori spot: due colori specificati da libreria Pantone® nel programma grafico e 1 colore con specifica esterna allegata in formato CxF. Il materiale grafico è stato reso disponibile agli iscritti al TAGA Day richiedendone la realizzazione secondo i metodi in uso per verificare come vengono gestite queste lavorazioni e valutare assieme i risultati ottenuti. Ovviamente l’attività non era una gara di qualità ma piuttosto una verifica condivisa con lo scopo di stimolare partecipazione e confronto e ha dimostrato quanto sia importante lo spirito di collaborazione e condivisione che caratterizza le attività di TAGA Italia.

Conclusioni

In conclusione è stato un TAGA Day interessante e molto partecipato, completo nelle informazioni e concreto nei contenuti che i partecipanti hanno portato a casa. La riproduzione dei colori nelle diverse tecnologie di stampa impone la conoscenza delle caratteristiche di questi sistemi e la condivisione di metodi e procedure con tutti gli attori nella filiera. La riproduzione del colore non è una richiesta da esaudire correndo dietro a un risultato, ma l’esito di un processo strutturato e mantenuto in controllo. Il mondo della creatività e progettazione grafica ha forte necessità di ricevere da stampa e prestampa le informazioni su caratteristiche del sistema e limiti di riproducibilità. Gli strumenti a disposizione della normale utenza non professionale che progetta elaborati grafici per la stampa ancora non consentono di valutare correttamente “a schermo” un’anteprima sufficientemente realistica ma ci sono già soluzioni per risolvere questi limiti e si attendono novità. L’augurio è che si riesca sempre più a condividere tra clienti finali, grafici, prestampa e stampa le informazioni per una corretta conduzione del processo grafico e fare incontrare esigenze e aspettative sul prodotto con limiti e caratteristiche dei sistemi di produzione per la migliore soddisfazione nella realizzazione del packaging stampato.