Alla presentazione del nuovo metodo Aticelca 502 sulla separabilità dei componenti non cartacei di un prodotto a base cellulosica Andrea Vittadello gioca il doppio ruolo di relatore e inviato. E pone una domanda a ciascuno dei relatori che chiariscono contesto, problematiche e prospettive del riciclo della carta in Europa.

Nell’aula magna dell’Istituto San Zeno di Verona, lì dove nascono i futuri tecnici cartari, Mérieux NutriSciences e Aticelca hanno organizzato un convegno dedicato all’industria della carta e del packaging in carta e cartone che, entrando nel merito degli strumenti per progettare imballaggi più sostenibili, ha fatto da cornice alla presentazione ufficiale del nuovo Metodo Aticelca 502.

Il metodo misura la separabilità di costituenti non cartacei (finestre, maniglie, chiusure, etichette, strati pelabili eccetera) di prodotti cartari, ed è applicabile a tutti i materiali e prodotti composti da due o più elementi, in cui almeno uno di essi è a prevalenza cellulosica e può essere avviato a riciclo nella carta. Il metodo ha l’obiettivo di valorizzare singolarmente e il più possibile, attraverso il corretto conferimento e il riciclo, i materiali di cui sono composti i packaging: il protagonista diventa così il cittadino che, se correttamente informato, può diventare il motore di questo sistema. Per poter separare correttamente i componenti non cartari però, bisogna che la procedura sia semplice, esplicitamente indicata e diventi una semplice e piacevole consuetudine domestica.

Il convegno è stato anche l’occasione per capire come questo metodo e, più in generale, tutto ciò che favorisce l’essere “riciclabile con la carta”, possano fare da leva all’ecodesign del packaging. E come si inseriscano nel contesto ampio e in evoluzione della legislazione europea sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio.

Massimo Ramunni, vicedirettore generale di Assocarta, segretario di Aticelca, Country Manager di Two Sides Italia.
Aticelca in questi anni si è dimostrata molto attiva e innovativa nel proporre metodi per misurare le qualità ambientali della carta: l’Italia è capofila in Europa?

Il lavoro sul metodo per la misurazione della riciclabilità della carta Aticelca 501 è iniziato una quindicina di anni fa con l’obiettivo di aiutare le imprese a progettare imballaggi e prodotti in carta sempre compatibili con gli attuali processi di riciclo. La metodica di laboratorio è stata poi donata a UNI, che l’ha pubblicata come norma UNI 11743:2019, mentre Aticelca ha mantenuto il sistema di valutazione, sempre identificato dal numero 501. Grazie a questa scelta, che mirava ad avviare una condivisione a livello europeo, lo scorso autunno Cepi ha pubblicato un primo metodo europeo che è in larga parte ispirato al nostro lavoro e sarà ora esaminato dal CEN per diventare norma europea.

Il nuovo metodo Aticelca 502 per la separabilità della carta, che presentiamo oggi, mi risulta essere il primo esistente e nasce in un momento in cui riteniamo che i tempi siano maturi. Siamo partiti da un sondaggio con Doxa che ci ha rassicurato – i cittadini sono pronti a fare la loro parte per separare e conferire correttamente i componenti dei packaging che utilizzano – per poi attivare un gruppo di lavoro con più di 30 partecipanti e 4 laboratori coinvolti nella sperimentazione. Anche in questo caso il nuovo metodo nasce in Italia, ma contiamo che possa presto diventare anch’esso la base per svilupparne uno europeo.

Italo Vailati, vicedirettore generale Assografici, direttore Giflex e Gipea.
Quali sono le questioni che lascia aperte l’attuale bozza di Regolamento EU su imballaggi e rifiuti di imballaggio?

Federazione Carta e Grafica sta seguendo l’iter della proposta e partecipa attivamente al tavolo di lavoro di Confindustria, si confronta con il Ministero dell’Ambiente e opera presso le associazioni europee di riferimento per il settore per presentare il proprio punto di vista durante la discussione della bozza. L’iter di approvazione prevede una serie di passaggi tra Parlamento europeo e Consiglio d’Europa che, nelle intenzioni dei parlamentari, si dovrebbe chiudere con l’approvazione del Regolamento entro il maggio 2024, data in cui scadrà il mandato di questo Parlamento. Sicuramente ci sono molti punti che dovranno essere chiariti; ecco qualche esempio.

  • Ogni Stato membro dovrà attuare misure per ridurre la produzione di rifiuti di imballaggio del 5% entro il 2030: questo si riferisce a ogni tipologia di materiale in egual misura? E con quali conseguenze se l’obiettivo non venisse raggiunto?
  • E ancora: si stabiliranno i gradi di prestazione di riciclo in classi da A a E, ma quando si conosceranno i criteri per l’assegnazione delle classi?
  • Gli imballaggi di plastica o le parti in plastica di un imballaggio dovranno contenere un contenuto minimo di materiale riciclato: questo si applica anche agli imballaggi compositi a prevalenza in peso di carta e cartone?
  • Coating e vernici vengono considerati “plastiche”: come riciclarli?

Molte regole verranno stabilite attraverso atti delegati – probabilmente più di 40 documenti – di cui preoccupa il tempo di elaborazione e pubblicazione, stimata intorno al 2028 con entrata in vigore nel 2030. Il grande quesito quindi è: come dovranno operare le aziende nel quinquennio 2023-2028 per progettare, sviluppare e produrre articoli di imballaggio conformi al nuovo regolamento?

Lorenzo Bono, responsabile Area Ricerca e Sviluppo Comieco.
Su cosa stanno puntando le aziende produttrici di packaging italiane per fare ecodesign? E quali saranno le leve future?

Le aziende si dimostrano molto sensibili verso tutte le novità tecniche che possono aiutare l’ecodesign dei loro prodotti. Sanno che progettare in maniera intelligente può incidere anche sulla loro efficienza aziendale: si stima che le fasi di progettazione possano pesare fino all’80% sugli sprechi di energia, materiali eccetera connessi al packaging. Una delle soluzioni più utilizzate nell’ecodesign degli imballaggi di carta riguarda la riduzione dell’uso di materia prima. Spesso, però, questo intervento è associato ad altre innovazioni che cercano di migliorare la riciclabilità o il contenuto di materiale riciclato, segno del fatto che l’approccio alla sostenibilità del packaging all’interno delle aziende è affrontato a 360 gradi.

In particolare, un approccio di ecodesign è fondamentale negli imballaggi compositi a prevalenza carta, dove l’aggiunta di materiali e sostanze nel volume o sulla superficie del substrato cellulosico rischia di compromettere la naturale riciclabilità della fibra. A questo proposito, una maggiorazione del Contributo Ambientale Conai (pagato dalle aziende che immettono imballaggi sul mercato), è stata introdotta a luglio 2022 per gli imballaggi compositi con presenza di carta inferiore all’80% e al 60%. Si tratta di un primo passo verso un sistema di contribuzione che, come previsto anche dalla nuova bozza di regolamento UE sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio, si basi sempre più sull’effettiva riciclabilità del packaging.

Comieco mette a disposizione strumenti e linee guida per supportare le aziende a sviluppare un ecodesign sempre più sofisticato, a cui si aggiungono anche indispensabili strumenti normativi e standard tecnici. Il nuovo metodo Aticelca 502 sulla separabilità della carta, per esempio, è sicuramente uno strumento interessante per ridurre il quantitativo non cellulosico nella filiera carta-cartone, inclusi i residui alimentari del food packaging. A loro volta, le nuove regole di etichettatura ambientale in vigore da gennaio 2023 possono aiutare il cittadino a riconoscere anche i materiali più complessi e a differenziarli nel modo corretto. L’innovazione tecnico-scientifica deve quindi andare di pari passo con una corretta e chiara comunicazione, poiché è il cittadino il primo artefice della catena di valorizzazione del packaging a fine vita.

Andrea Vittadello, Project Manager Packaging Safety e Compostability Specialist, coordinatore dei progetti sulla sostenibilità di Mérieux NutriSciences Italia.
Perché durante la presentazione è stata sottolineata più volte la capacità del metodo sulla separabilità di generare benefici diretti e indiretti? E cosa si intende?

Il beneficio diretto è sicuramente il motivo per cui il metodo è stato messo a punto: avere un riferimento scientifico per misurare quanto le componenti non cartarie di un packaging sono separabili dalla carta. In questo modo si valorizza quanto conferibile nella carta, che sarà privo di materiali che è giusto convogliare in un altro flusso di recupero. Parallelamente possiamo evidenziare alcuni benefici indiretti: tecnologici, di sicurezza, ambientali e sociali:

  • tecnologici: per fare un esempio, un packaging può essere alleggerito in grammatura ma essere comunque efficiente grazie all’adozione di sostegni che possono essere opportunamente separati a fine vita;
  • di sicurezza: si può evitare di impermeabilizzare un packaging di carta addizionandolo di sostanze che potrebbero migrare nell’alimento (come i PFAS), preferendo uno strato plastico separabile. Questo potrebbe fungere da barriera funzionale anche verso altri contaminanti e inoltre migliorare shelf-life del prodotto;
  • ambientali: la purezza dei materiali raccolti in canali distinti potrebbe evitare la dispersione di microplastiche nei processi di riciclo in cartiera;
  • sociali: abituare alla corretta raccolta differenziata anche tramite la separabilità – un gesto che “dà soddisfazione” – potrebbe avere un influsso positivo sul comportamento ambientale generale delle persone.