La domanda di etichette cresce ma si fa più articolata ed esigente. Le analisi di 4ITGroup e la nuova ibrida appena lanciata da Omet convergono su un nodo centrale: oggi servono macchine in grado di rispondere a diverse necessità, in poco spazio e tempo, e con meno manodopera. Come la nuova XFlex X6 JetPlus integrata con la Digital Unit della Domino.

omet_APERTURA_1.pngLo scenario è complesso ma incoraggiante. Nonostante la coda di difficoltà post crisi e le incertezze di ordine macroeconomico e politico, i fornitori di macchine da stampa crescono e archiviano il 2015 come l'anno migliore degli ultimi cinque. Tira la volata, come noto, il settore del packaging, che attualmente rappresenta il 26,5% degli stampati a livello globale: un universo che vale più o meno 640 miliardi di dollari e che in Italia produce un fatturato di 30.632 milioni di euro. Le etichette ne rappresentano un elemento centrale, sia per quantità sia per efficacia comunicativa e, in particolare, per capacità di soddisfare le nuove esigenze del mercato e dei marketer.
Invitato da Omet a disegnare il quadro che sostiene il recentissimo lancio della nuova ibrida a banda stretta (lo scorso 14 aprile il gruppo di Lecco vi ha dedicato un'open house con tanto di convegno e demo live), Mauro Tironi di 4ITGroup produce cifre e fatti che documentano la portata del fenomeno (clicca qui per leggere la sintesi completa della relazione). «A livello globale, il mercato del labeling crescerà in media del 4% annuo per i prossimi tre anni – ricorda l'esperto – raggiungendo nel 2019 il valore di 43,4 miliardi di dollari. I fattori che sostengono un tale sviluppo sono molteplici, anzitutto di ordine economico (aumentano nel mondo i quantitativi di prodotti confezionati) e normativo (le leggi a tutela del consumatore danno grande impulso all'etichettatura), ma anche di efficacia comunicativa. Se, infatti, le etichette sono sempre più belle e ricche di effetti suggestivi è perché – documentano gli studi sul fenomeno – un packaging nobilitato e “sensoriale” aumenta fino al 70% l'impatto del brand (e quindi, in ultima analisi, la propensione all'acquisto della merce)».
Termini come personalizzazione, multicanalità ed emozione, che secondo gli analisti rappresentano i principali driver di sviluppo, orientano gli utilizzatori verso tecnologie di stampa digitali e ibride. Che dimostrano tutta la loro efficacia anche sul piano economico e gestionale, permettendo di scegliere di volta in volta cosa, e come, fare per ottenere ogni volta la qualità “giusta”.Omet_APERTURA_2_Speakers.png

Qualità reale e percepita: una narrow web “3 in 1”
L'esempio citato durante il convegno di Lecco è chiaro: se guardiamo da vicino un'affiche di grandi dimensioni distinguiamo senza bisogno del lentino i pixel che compongono l'immagine ma sappiamo che, una volta trasposta su una parete a cinque metri di altezza, tutti la vedranno uniforme e perfetta. Questa è la differenza fra qualità percepita e reale (in questo caso sgranata) di una stampa, che è dunque opportuno e conveniente poter “tarare” in funzione del risultato voluto – il catalogo di una mostra o un volantino promozionale – preferibilmente senza penare e senza cambiare impianto.           
Omet ne ha fatto un obiettivo centrale della sua R&S, finalizzato a creare un'ibrida flexo-digitale per la stampa, il finishing e il converting di packaging ed etichette. Lavorando in sinergia con imprese leader nelle tecnologie complementari alla flessografia “della casa”, l'impresa lombarda già nel 2007 aveva presentato (a Labelexpo Europe) una prima proposta e oggi ne lancia l'evoluzione: una macchina da 430 mm del tutto nuova (disponibile anche con fascia 340 e 530), sviluppata insieme a Domino.
Si chiama Xflex X6 JetPlus e comprende un modulo di fustellatura Rotometrics, essiccazione UV a LED di A.M.S. e altro ancora. Durante l'open house Marco Calcagni, responsabile commerciale di Omet, ne ha illustrato le caratteristiche alla platea di potenziali utilizzatori che hanno poi assistito alle prove di stampa a 4 colori UV-LED Flexo + laminazione e cold foil, su substrati Fasson (carta, PP e laminati). XFlex X6 JetPlus – documentano le demo – è in grado di stampare con risoluzione di 600×600 dpi, in un unico passaggio e alla velocità massima di 200 m/min, grafiche fino a 6 colori + bianco opzionale e 4 scale di grigio. Le sue prestazioni derivano dall'operatività multi-processo in linea, per la stampa e produzione in un unico passaggio di etichette ad alta qualità e valore aggiunto. Ma non solo.
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L'importanza dell'integrazione
La XFlex X6 JetPlus della Omet presenta – sottolinea Calcagni – tutta la flessibilità, produttività ed economicità di una macchina multifunzione da bobina a prodotto finito, e al tempo stesso è facile da capire e da usare. L'utilizzatore può scegliere se attivare tutti i moduli o solo una parte, e in particolare se effettuare la sola stampa flexo, quella digitale o entrambe, ottimizzando così tempi e costi di produzione e, in ultima analisi, accelerando il ritorno dell'investimento (già favorito dall'eliminazione dei cliché tipica dell'inkjet).    Inoltre, l'efficacia del workflow permette di effettuare lavorazioni e consegne just in time, oltre a conferire valore aggiunto al prodotto finito e assicurare, sia nelle lunghe tirature sia nelle brevi, tutta la qualità di tecnologie allo stato dell'arte.              
«La nostra nuova XFlex a fascia medio piccola – afferma Calcagni – assomma la qualità della flexo Omet all'affidabilità Domino. È forse questo il risultato più difficile da ottenere, soprattutto su una macchina integrata, che richiede una cura pressoché maniacale dei controlli responsabili della stabilità e precisione del registro nelle varie condizioni e velocità». A questo tipo di efficacia, aggiunge ancora il manager, si aggiungono i vantaggi che derivano dalla modularità: «noi non vendiamo macchine standard ma proponiamo soluzioni da configurare su misura di esigenze e visioni specifiche, declinando di conseguenza anche i costi dell'impianto».        

Digitale “alla Domino”
Il contributo dell'inkjet UV portato in dote dalla multinazionale del coding&printing è determinante. Lo ha illustrato durante il convegno Arnold van Oudheusden di Domino UK, documentando la qualità di stampa che deriva dalla omet_modulo-inkjet.png“densità” dei punti (600×600 dpi) e dal workflow Esko, dall'estensione della paletta dei colori (il 90% delle tinte Pantone) e dalla larghezza di stampa (da 210 a 557 mm), a cui si aggiungono l'essiccazione a LED, la produttività più alta del mercato (75 m/min) e l'estrema semplicità di impiego e pulizia («all'operatore non resta che sostituire gli inchiostri»).
Tutte queste caratteristiche, testimoniamo gli utilizzatori citati durante l'intervento, rendono l'inkjet della Domino ideale non solo per le tirature corte ma anche per i lotti medi e grandi, dove mette in campo prestazioni equivalenti alla flexo. Ciò detto, van Oudheusden riporta l'attenzione sul sistema: «A “fare la differenza” non è tanto la testina in sé quanto l'insieme costituito da diverse testine che operano in perfetta sintonia, con lo stesso grado di rotazione, messa a registro, allineamento ecc. Dove, dunque, ancora una volta sono centrali le regolazioni: insieme all'efficacia della pulizia e della gestione dell'inchiostro, generano quella drastica riduzione degli scarti e dei tempi di avviamento che conferisce al digitale la sua famosa flessibilità».
                                      
omet_moduli-flexo.pngApplicazioni reali e virtuali
Integrate nella XFlex X6 JetPlus, le testine Domino portano i vantaggi della stampa ibrida in innumerevoli applicazioni.
Un primo elenco deve comprendere la classica combinazione di alte tirature e “inserti” in digitale e i lavori di media e alta tiratura con stampa di dati variabili, ma anche l'applicazione di fondi pieni e pantoni, l'applicazione di bianco flexo prima o dopo la stampa digitale, stampe digitali con finiture e nobilitazioni in flexo, re-priming in linea, sopra verniciatura in linea e applicazione di foil, stampa digitale in bassa tiratura con soggetti e finiture complesse in un unico passaggio…
Ma non solo: disporre di una macchina ibrida significa poter inventare nuove soluzioni insieme agli utilizzatori, creando di fatto nuovi effetti e rendendo possibili nuove applicazioni. Si tratta, dunque, a pieno titolo, di un investimento sul futuro.