La filiale statunitense di Rossini sostiene lo sviluppo della stampa flexo finanziando con borse di studio i progetti di Ricerca più interessanti intrapresi dalle scuole grafiche americane. Si tratta di un’iniziativa condotta in partnership con la FTA degli USA, la potente associazione tecnica per la stampa flexo, non a caso attiva nel Paese dove la flessografia rappresenta “la” tecnologia di stampa per antonomasia. L’anno scorso l’azienda di Rescaldina ha assegnato l’ottava “Rossini Scholarship” a Nina Davis, studentessa di Comunicazione Grafica alla Clemson University (South Carolina), impegnata in una ricerca sulla riproduzione del colore nella stampa flexo.

Si tratta”, spiega Felice Rossini, presidente della multinazionale, “di un lavoro su un tema importante e che ha già raggiunto alcuni obiettivi di tutto rilievo, che vogliamo condividere con comunità degli operatori. Abbiamo quindi pensato di sostenere il convegno dell’Atif non solo sul piano finanziario (quest’anno Rossini sarà il Platinum Sponsor dell’evento, ndr) ma anche e soprattutto contribuendo a innalzare il livello di conoscenze del settore: Nina sarà nostra ospite a Bologna dove terrà una relazione sui risultati raggiunti nel corso della Ricerca, che entreranno così a far parte del patrimonio di competenze comuni.

Rossini interpreta così il ruolo di sponsor con una sensibilità più vicina al mecenatismo rinascimentale che al pragmatismo orientato al business dei nostri tempi: «Atif è un’associazione che promuove l’avanzamento della flessografia e il Flexo Day rappresenta il momento di condivisione più importante. Mi pareva, dunque, riduttivo farne un’occasione per promuovere i nostri prodotti quando siamo in grado di offrire un contributo più rilevante di aggiornamento», considera l’imprenditore.

Il soggetto della Ricerca
Il progetto che Nina Davis sta portando avanti assistita dai docenti della Clemson si propone di verificare se, modificando la sequenza degli inchiostri impiegata nella stampa del colore, sia possibile riprodurre una gamma più ampia o ottenere un range più esteso di colori Pantone. E, in caso affermativo, se l’incremento del gamut viene percepito dall’utilizzatore del packaging.

L’obiettivo finale del lavoro è di riuscire ad aumentare i colori Pantone riproducibili dallo stampatore flessografico e, in particolare, di studiare il processo di stampa a 7 colori in continuo: un processo potenzialmente molto vantaggioso, che già impegna le imprese più attive ma che richiede ancora molti approfondimenti.

Il tema affrontato dall’università americana assume tutta la sua rilevanza se consideriamo i limiti della stampa flexo, che non può riprodurre l’intera paletta Pantone usando inchiostri convenzionali CMYK, e non sempre permette l’adozione di colori speciali per problemi tecnici o di sostenibilità economica. Si tratta di limiti penalizzanti, vista la crescente diffusione di imballaggi a 8-10 colori, che combinano la quadricromia con una gran varietà di Pantone specifici di ciascun logo societario. È, dunque, evidente il vantaggio assicurato da strumenti concreti, misurabili e costanti per la riproduzione dei componenti più critici di una stampa del colore di qualità.

Il progetto di lavoro stabilisce criteri e parametri della ricerca, e definisce una metodologia con tutti i crismi del lavoro scientifico, in grado di presentare alla comunità dei tecnici dei risultati condivisibili da discutere ed eventualmente adottare. I principali compiti che si prefigge sono: identificare una serie di inchiostri (UV) dal gamut esteso e standardizzato, che saranno oggetto di un “libro bianco” per l’industria; condurre prove e misurazioni; ottimizzare la stampa e le lastre di fotopolimero; standardizzare il plate del fotopolimero; definire come condurre le prove di stampa necessarie a identificare il gamut più esteso possibile e l’ordine in cui gli inchiostri vanno testati, in un minimo di 4 e un massimo di 6 sequenze diverse; effettuare le misurazioni di fattori cruciali come il bilanciamento dei grigi, l’opacità dell’inchiostro ecc.; stampare le immagini per comparare “a occhio nudo” (cioè con lo strumento del consumatore) la qualità ottenuta con un gamut limitato e con uno esteso.