Sono già adottati in diversi Paesi europei ed ora Siegwerk li introduce anche in Italia, forte del gradimento dei primi grandi converter e delle demo live presso lo stabilimento della neoacquisita La Sorgente. Sono i nuovi inchiostri flexo all’acqua a base vegetale della premiata serie UniNature. Rivoluzionari, ecologici e molto performanti.

In Siegwerk l’inchiostro  si tinge di verde. Il grande produttore globale sta gradualmente sostituendo tutti i suoi prodotti con le nuove formulazioni a base vegetale a marchio UniNature, presentati con il bel payoff “RethINK solution”. Hanno già vinto premi all’innovazione e all’eco-compatibilità e compaiono nei Rapporti di Sostenibilità dei grandi converter come fiore all’occhiello di politiche di approvvigionamento rispettose dell’ambiente. Oggi iniziano a essere impiegati anche dagli stampatori medio-piccoli, consapevoli di poter offrire ai brand un atout formidabile, da spendere nei confronti di un consumatore sempre più consapevole ed esigente. Sì, perché gli UniNature sono inchiostri a base vegetale.

Ingredienti segreti e una conquista in tre fasi

«Quando i responsabili della Ricerca & Sviluppo Siegwerk hanno convocato il management per illustrare la ricetta dei nuovi inchiostri UniNature ci siamo guardati in faccia sbalorditi. Che al cuore di una novità così dirompente ci fossero ingredienti che fanno parte della nostra quotidianità, così domestici e vicini, proprio non ce lo aspettavamo», racconta David Charquet, International Key Account Director Europe BU Paper & Board della multinazionale di origine tedesca. In questi mesi di stanza a Poppi, presso la neoacquisita aretina La Sorgente per gestire il processo di integrazione, Charquet segue anche l’introduzione dei nuovi inchiostri (e non solo) sul mercato italiano, e ci si appassiona.

«Ovviamente non sveleremo i “segreti” di un prodotto così rivoluzionario, ma posso dire che il suo cuore è l’alta percentuale di materie prime vegetali: fra il 40 e il 70% del contenuto “secco” (cioè senza calcolare, come invece fanno altri, la quota di acqua, che è “bio rinnovabile” per sua natura)».

Gli UniNature rappresentano la terza generazione di un prodotto nato 7 anni fa dall’unione di un monomero vegetale con uno acrilico: una resina ibrida di nome UniRICS, poi evoluto nell’UniXYL che recuperava la lignina scartata dalle cartiere per reimpiegarla come materia prima seconda, in un processo circolare virtuoso e sostenibile. Il colore scuro della lignina, però, interferisce con le tinte più chiare, per cui la R&D Siegwerk ha continuato a lavorare fino ad arrivare agli UniNature: 70% vegetali, nessuna limitazione applicativa, massima resa qualitativa e produttiva… praticamente perfetti.

«Non ce lo aspettavamo neppure noi», commenta Mattia Zambon, Customer Service Technician Support in Siegwerk Italia. «I ricercatori puntavano alla sostenibilità dei nuovi inchiostri ma durante i test di laboratorio, e poi in fase beta, hanno verificato che offrono anche risultati qualitativi migliori rispetto alle formule tradizionali: punto perfetto, stampa meglio definita, forza colore eccellente, pulizia semplice… Insomma, con una sola pietra abbiamo fatto tre colpi: UniNature è più ecologico, più circolare e stampa meglio. Allo stesso prezzo degli altri».

Sostenibilità economica e un ampio ventaglio di prestazioni

Per Siegwerk la questione prezzo non è marginale, e non solo per le ovvie ragioni di confronto con i competitor ma anche perché, una volta arrivati allo stadio industriale, gli UniNature sono destinati a sostituire progressivamente tutti i prodotti precedenti della casa tedesca.

«La nostra gamma è vastissima – ricorda Charquet – e in continua progressione per servire le  diverse esigenze applicative. Oggi stiamo facendo la stessa cosa con gli UniNature e man mano che una nuova versione dedicata a un particolare substrato o processo di stampa è pronta,  la proponiamo all’utilizzatore al posto del suo prodotto abituale. In questo modo la nostra gamma un po’ alla volta arriverà ad essere totalmente green e, secondo il nostro auspicio, anche il mercato. Le premesse alla base di questo progetto sono chiare: da un lato i nuovi inchiostri UniNature sul piano prestazionale sono uguali o migliori dei precedenti che vanno a sostituire; dall’altro il prezzo è inalterato. Oltre, naturalmente, a non richiedere alcun intervento  sulla macchina da stampa o nel flusso di lavoro».

Il piatto è ricco. L’industria italiana del packaging – valutano in Siegwerk – è una delle più importanti d’Europa. «Se pensiamo – esemplifica Charquet – che nel solo cartone ondulato DS Smith in Europa consuma 12mila t di inchiostri base acqua/anno, e nella sola Italia 1.200 t, possiamo immaginare a che quantità si arriva sommando gli altri grandi gruppi e tutti i converter indipendenti medi e piccoli».

Perché, sottolinea il manager, la peculiarità dell’industria italiana è di essere frammentata in tante piccole realtà a gestione famigliare, ciascuna con la propria specializzazione ed esigenza specifica, e rappresenta quindi lo sbocco ideale per un portfolio vasto come il nostro. Inoltre, si tratta di un mercato molto attento sia alla qualità sia all’etica del prodotto, in perfetta consonanza con le caratteristiche dell’offerta UniNature.

L’R&D di filiera e il capitolo coating funzionali

In Italia gli inchiostri all’acqua e a solvente si spartiscono il mercato più o meno in parti uguali, stimano in Siegwerk, ciascuna delle due famiglie con le proprie applicazioni elettive.

I base acqua UniNature per la stampa flexo vengono impiegati perlopiù sui substrati cellulosici: cartone ondulato, sacchi industriali e sacchetti di carta, paper wrapping, tissue e TNT, oggetti di plastica monouso, brick per liquidi alimentari… tradizionalmente sensibili ai grandi temi della salubrità e dell’ambiente.

Ciò non toglie, afferma il nostro interlocutore, che anche i converter di film plastici iniziano a manifestare interesse per questo tipo di prodotto: i loro clienti lo chiedono e, in parallelo, l’evoluzione tecnologica delle macchine da stampa lo rendono possibile. «È con gli OEM – sottolinea Zambon – oltre che con i produttori di substrati, anilox, cliché…, che conduciamo le prove indispensabili a perfezionare i nostri prodotti, prima di chiedere agli stampatori-partner i test su scala industriale. In Italia abbiamo in essere molte collaborazioni di questo tipo e proprio con due clienti nostrani stiamo portando avanti un progetto che ci sta particolarmente a cuore».

Ma c’è di più: il capitolo UniNature non si esaurisce negli inchiostri. Siegwerk ha esteso le sue ricette a base vegetale anche ai coating funzionali a cui tutto il mondo dell’imballaggio guarda con crescente interesse, sia per i substrati cellulosici – essenzialmente privi di una serie di barriere che il packaging deve assicurare – sia per i nuovi laminati plastici monomateriale che hanno rinunciato agli strati barriera impossibili da riciclare e devono reintegrarne in altro modo le funzioni protettive.

«È proprio in Italia – afferma Charquet – che abbiamo creato il primo sacco industriale privo di polietilene, usando i nostri coating barriera, con un cliente che ha vinto anche un premio per questa applicazione. E il prossimo step sarà il sacco industriale con valvola completamente plastic free. Nel frattempo in Germania e fuori dall’Europa abbiamo già diversi clienti che usano anche piatti e bicchieri di carta rivestiti con i nostri coating vegetali e, appena ottenuta l’ultima certificazione richiesta, partirà la commercializzazione anche qui da noi.»

“Cosa c’è dentro” un inchiostro: i componenti che contano

L’inchiostro da stampa è costituito essenzialmente da tre componenti.

  • La principale si chiama extender e conferisce all’inchiostro le proprietà più importanti. In media rappresenta un 60% della formulazione, percentuale che varia a seconda delle esigenze dello stampatore e del prodotto da realizzare. Nell’extender troviamo le resine che conferiscono all’inchiostro proprietà meccaniche, di stampabilità, di gloss… oltre agli additivi necessari nelle varie lavorazioni, come le cere antigraffio, tipicamente richieste nelle lavorazioni del cartone ondulato, i siliconi che aumentano la scivolosità, gli anti schiuma, i preservanti che mantengono la carica batterica a livelli accettabili, altri tipi di ammine che stabilizzano il pH al livello, piuttosto alto, tipico dell’inchiostro a flessografico ad acqua (da 8,5 a 9,5).
    «Vista la loro rilevanza, è dunque principalmente sugli extender che in Siegwerk abbiamo lavorato per ottenere gli UniNature – spiega Mattia Zambon – oltre che sulle basi pigmentate, nella selezione del tipo di resina e dei pigmenti».
  • Il secondo componente per importanza – rappresenta circa il 30% – infatti è dato dalle basi colore (o base colore se parliamo di inchiostri a pigmento singolo), costituite di pigmenti in polvere organici o inorganici, che conferiscono all’inchiostro le proprietà coloranti. «Per produrle – spiega ancora Zambon – andiamo prima a disperdere e poi a macinare, sino alla granulometria target, dei pigmenti in una soluzione di acqua e resine. Il doppio passaggio si rende necessario perché i pigmenti sono per natura idrofobici, e solo dopo avere ottenuto un ottimo grado di dispersione si può procedere con la macinazione, ottenendo una soluzione perfettamente omogenea».
    Oltre alla colorazione, le basi conferiscono all’inchiostro alcune caratteristiche di resistenza, per esempio alla luce. Quando andiamo a stampare dei sacchi o dei cartoni che dovranno rimanere all’esterno sotto determinate condizioni di illuminazione e per determinati periodi, sceglieremo dunque basi con pigmenti più resistenti ai raggi ultravioletti.
  • Infine abbiamo il 10% di solvente che, nel caso degli inchiostri water based è acqua. Serve a stabilizzare la viscosità dell’inchiostro e a mantenerla più vicina a quella richiesta in macchina. «A differenza di quanto accade nel resto d’Europa – commenta Zambon – dove l’inchiostro viene fornito con la viscosità di macchina, gli stampatori italiani raramente adottano cicli standard. Di solito ci chiedono 10-15 secondi di coppa Ford o Din in più (fra i 30 e i 35 secondi) per poi potersi portare, in fase di avviamento stampa, alla viscosità desiderata tramite una diluizione oculata a bordo macchina. Questo permette di essere più flessibili, per lavorare con lo stesso inchiostro su più macchine, o di fare spazio a un additivo accessorio».