Nella stampa di etichette, la coerenza cromatica tra una tiratura e l’altra non è solo una questione estetica, ma un requisito industriale. Analizziamo i principali fattori di instabilità e alcune soluzioni pratiche.

Ottenere colori stabili e ripetibili continua a essere una delle principali criticità riscontrate dagli operatori di stampa in qualsiasi settore. La stampa di etichette non è un’eccezione. A ogni variazione cromatica corrisponde un’anomalia produttiva, e il più delle volte le cause non si escludono a vicenda. Alcuni fattori sono molto comuni e facilmente gestibili, in altri casi la gestione colore in stampa rende la vita degli operatori abbastanza difficile. Soprattutto se non si conoscono i principi e non si ha una competenza specifica.

Il supporto conta, eccome

Non è un caso che molti stampatori puntino il dito contro il materiale di stampa. La superficie, la grammatura e il punto di bianco del supporto condizionano in modo evidente la resa del colore. Secondo un white paper di Avery Dennison (“Understanding Substrate Impact on Color”, 2022), anche una variazione del 2% nella riflessione della luce può influire sulla percezione visiva fino a ΔE > 2, un margine che in alcuni settori è considerato fuori tolleranza. La soluzione? Una doppia: da un lato, è fondamentale standardizzare i fornitori e richiedere certificazioni di coerenza del lotto (lot consistency). Dall’altro, l’impiego di software di gestione colore dotati di “substrate compensation profiles” consente di anticipare le variazioni cromatiche simulando il comportamento del colore su supporti differenti.

Gestione colore in stampa: quando il pigmento fa la differenza

La chimica dell’inchiostro gioca un ruolo fondamentale. Viscosità, densità pigmentaria e tipo di legante influenzano la stesura e l’interazione con il materiale. Le fluttuazioni nella temperatura o la mancata agitazione possono alterare la densità dell’inchiostro anche del 10%, con impatto diretto sul colore finale. Per minimizzare questi rischi, è buona prassi adottare sistemi di controllo automatico della viscosità e della temperatura in linea, oltre a implementare procedure di verifica periodica delle miscele, meglio se con il supporto di uno spettrofotometro. L’utilizzo di inchiostri precertificati per l’applicazione finale, infine, riduce il margine di variabilità.

L’ambiente fa la sua parte

Il clima di produzione è spesso un nemico silenzioso perché fattori come umidità e temperatura influiscono non solo sull’asciugatura, ma anche sulla consistenza degli inchiostri e sull’assorbimento dei materiali. Secondo Fogra (il prestigioso istituto tedesco per la ricerca grafica), la variazione dell’umidità relativa oltre il 10% può causare variazioni meccaniche nei supporti cartacei, compromettendo la registrazione e la resa colore. La soluzione è semplice, ma richiede impegno: climatizzare le sale stampa, mantenendo condizioni costanti (20–22°C e 50% di umidità relativa) e registrare i parametri tramite sistemi di monitoraggio continuo.

Setup macchina: il cuore dell’equilibrio

Pressioni, registro, portainchiostri, ma anche l’usura di rulli e anilox possono determinare alterazioni visibili. L’assenza di una calibrazione regolare o di un sistema di preset delle ricette colore può compromettere l’uniformità da una ristampa all’altra. Come riferisce Mark Andy in un case study su linee flexo ibride, l’impiego di preset digitali e la memorizzazione delle condizioni di stampa riducono drasticamente i tempi di avviamento e garantiscono una maggiore coerenza cromatica. L’automazione e la manutenzione preventiva giocano quindi un ruolo decisivo.

E quando non si trova una causa?

Capita spesso che, nonostante tutti i controlli, la variazione cromatica sfugga a ogni logica. Questo succede quando piccoli scostamenti in più aree si sommano, creando una deriva visiva percepibile ma difficile da isolare. È il cosiddetto “effetto domino del colore”, ben descritto da Idealliance nei suoi standard G7, che raccomandano un approccio olistico: misurare, tracciare e correggere ogni passaggio del processo. Per questi casi, l’unica vera soluzione è strutturare un controllo qualità basato su dati: spettrofotometria, registrazione continua (DataLog), confronti con profili colore certificati. Software come ColorCert (X-Rite) o PrintSpec (Techkon) offrono dashboard in tempo reale che permettono di reagire a ogni variazione, anche minima.