Il Piano Transizione 5.0, nato per sostenere la trasformazione digitale e green delle imprese italiane, ha ufficialmente terminato le risorse disponibili.
Le domande già inviate restano valide, ma la piattaforma GSE è stata chiusa per nuove richieste. Le pratiche saranno valutate in ordine cronologico, mentre le prospettive di riapertura restano molto basse.

Un epilogo annunciato, che chiude una misura complessa e controversa, ma che apre anche la strada a un nuovo capitolo di incentivi 2026.

Ritardi, modifiche e accelerazione finale

Il piano avrebbe dovuto coprire il biennio 2024-2025, favorendo investimenti in macchinari, processi e tecnologie capaci di ridurre i consumi energetici. Tuttavia, il decreto attuativo è arrivato solo nell’agosto 2024, causando uno slittamento dell’avvio effettivo.

Nella prima fase, la misura è stata accolta con freddezza: rispetto al precedente Piano Transizione 4.0, la complessità burocratica e tecnica ha scoraggiato molte aziende. Fino all’inizio del 2025, infatti, i 6,3 miliardi di euro stanziati risultavano ancora in gran parte inutilizzati.

A cambiare lo scenario è intervenuta la legge di bilancio 2025, che ha introdotto alcune semplificazioni chiave:

  • fusione dei primi due scaglioni di agevolazione,

  • presunzione di risparmio energetico per la sostituzione di macchinari obsoleti,

  • chiarimenti operativi da parte di Mimit e GSE, che hanno favorito un’accelerazione nelle pratiche.

Da metà 2025, le domande hanno subito una forte impennata, fino a raggiungere 2,8 miliardi di euro di prenotazioni al 6 novembre.
Di fronte al rischio di superare i limiti di spesa, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha deciso di chiudere anticipatamente la piattaforma, fissando il tetto a 2,5 miliardi di euro e consolidando solo le richieste già trasmesse.

Che cosa cambia dopo la chiusura di Transizione 5.0

Le imprese che hanno già presentato domanda possono stare tranquille: le loro pratiche saranno processate regolarmente. Anche nel caso in cui l’importo totale delle richieste superi la soglia di finanziamento, i progetti già prenotati non perderanno validità.

Per le aziende rimaste escluse, invece, le possibilità di una riapertura della piattaforma GSE sono minime. Potrebbe accadere solo in caso di rinunce esplicite da parte di imprese già ammesse, permettendo così lo scorrimento delle graduatorie in ordine cronologico.

Molto più probabile è lo spostamento dell’attenzione verso il nuovo piano di incentivi 2026, attualmente in fase di definizione nella legge di bilancio.
La nuova misura, basata su iperammortamento e credito d’imposta automatico, sostituirà le precedenti Transizione 4.0 e 5.0, puntando su una maggiore semplicità e stabilità normativa.

Il nodo degli investimenti già avviati

Resta aperta la questione delle aziende che hanno già ordinato o installato macchinari nel 2025, contando sul credito 5.0.
Se il nuovo piano 2026 dovesse applicarsi solo agli ordini successivi al 1° gennaio 2026, molte imprese rischierebbero di restare escluse dagli incentivi.

Il settore produttivo auspica una clausola di continuità che consenta di includere anche gli investimenti effettuati nel 2025 ma completati nel 2026, come previsto dall’articolo 109 del TUIR (effettuazione per consegna e collaudo).
Una chiarificazione da parte del Governo è attesa nelle prossime settimane, per evitare incertezze che possano bloccare i piani di innovazione.

Bruno Bettelli (Federmacchine): “Serve stabilità e chiarezza”

Sull’improvvisa chiusura dei fondi è intervenuto Bruno Bettelli, presidente di Federmacchine, che ha espresso la preoccupazione del comparto dei beni strumentali:

L’improvvisa chiusura delle risorse di Transizione 5.0, con imprese che si trovano oggi in una sorta di limbo dopo aver pianificato e avviato investimenti sulla base di regole chiare e di dati ufficiali, è un segnale preoccupante per il nostro tessuto produttivo. Al di là del merito tecnico delle scelte di finanza pubblica – ha dichiarato Bettelli – ciò che preoccupa di più le imprese è la frattura di fiducia: programmi pensati per accompagnare la trasformazione digitale ed energetica dell’industria non possono essere gestiti con stop-and-go improvvisi, che mettono in difficoltà chi investe in buona fede e con orizzonti pluriennali.

Il presidente ha aggiunto:

Il comparto dei beni strumentali, rappresentato da Federmacchine, è al centro dei progetti di innovazione e di efficienza delle aziende italiane. Chiediamo che vengano individuate rapidamente soluzioni che garantiscano la copertura per le imprese che hanno già programmato e avviato gli investimenti, facendo affidamento su Transizione 5.0, e che il passaggio verso i nuovi strumenti avvenga in modo ordinato e continuo.

E ha concluso con un richiamo alla necessità di regole stabili:

Stabilità, chiarezza e tempi certi sono condizioni indispensabili per sostenere la competitività del sistema manifatturiero e per non disperdere il potenziale di una misura che, se ben gestita, può contribuire in modo decisivo alla modernizzazione del Paese.

Transizione 5.0: cosa possono fare le imprese ora

Anche se i fondi sono esauriti, restano alcune azioni operative da completare entro fine anno:

  1. Trasmettere la prenotazione sul portale GSE entro il 31 dicembre 2025, per fissare la priorità cronologica.

  2. Verificare la documentazione, comprese attestazioni di riduzione dei consumi e allegati tecnici.

  3. Gestire correttamente gli stati di avanzamento, rispettando la soglia minima del 20% di acconto per la validità della prenotazione.

  4. Monitorare gli aggiornamenti del Mimit e del GSE, in caso di chiarimenti o scorrimenti.

  5. Conservare tutte le evidenze documentali (ordini, collaudi, pagamenti) per eventuali controlli o migrazioni verso i nuovi incentivi.

Verso il Piano 2026: serve una politica industriale stabile

La chiusura anticipata di Transizione 5.0 lascia una lezione chiara: senza semplicità normativa e continuità di regole, anche i migliori incentivi rischiano di fallire.
Il nuovo piano di incentivi 2026, basato su iperammortamento e automatismi fiscali, rappresenta l’occasione per creare una politica industriale strutturale e non più episodica.

Per il sistema manifatturiero italiano, la sfida è duplice: completare con ordine le pratiche 5.0 e prepararsi a un regime 2026 più stabile, trasparente e duraturo, capace di premiare chi investe realmente in innovazione tecnologica, efficienza energetica e sostenibilità.