Man mano che vengono rimandati gli appuntamenti fieristici e aziendali (ultimi in ordine di tempo la FESPA di Madrid, il Flexo Day Sud di Salerno e Roto4All, mentre per ora resta confermata Print4All Conference di maggio), le imprese iniziano a fare i conti con l’emergenza sanitaria e le conseguenze sull’operatività e il business.

Il disagio, lo sappiamo è forte, ma non è ancora tempo di bilanci. Intanto che le associazioni imprenditoriali monitorano il fenomeno (oggi è l’ultimo giorno per compilare il questionario inviato da Confindustria a tutte le aziende del printing e converting, associate e non) per mettere a punto progetti e azioni istituzionali adeguati, le singole aziende comunicano su più piani. Al proprio interno occorre condividere regole e logiche di prevenzione del contagio, al mercato comunicare che gli italiani non sono gli untori del mondo e che la fornitura di beni e servizi è assicurata con tutte le garanzie del caso, all’amministrazione pubblica che c’è bisogno di sostegno, spesso urgente.

#Attenzione alla privacy

Utile, al riguardo, il richiamo fatto il 2 marzo dal Garante della Privacy, che ha voluto ricordare a tutti i soggetti sociali, pubblici e privati, di attenersi alle indicazioni del Ministero della Salute e delle altre autorità competenti, né più né meno. Ecco le principali:

  • chiunque negli ultimi 14 giorni abbia soggiornato nelle zone a rischio epidemiologico segnalate dalle norme di emergenza deve comunicarlo alla ASL di riferimento, che provvederà agli accertamenti e alle eventuali misure di isolamento;
  • i lavoratori devono segnalare alle aziende qualsiasi informazione utile a tutelare la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro;
  • i datori di lavoro devono ovviamente rispettare le indicazioni delle autorità ma non possono, invece, “raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso specifiche richieste al singolo lavoratore o indagini non consentite, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra lavorativa”: questo tipo di indagine è esclusivo appannaggio delle istituzioni designate (il testo completo si trova QUI)

#Cosa facciamo?

Le imprese si trovano ad affrontare innumerevoli difficoltà a vari livelli dell’operare quotidiano – magari non tutte o non tutte insieme, per fortuna : problemi di approvvigionamento, relazioni con fornitori, gestione del personale, annullamento ordini, gestione della contabilità, difficoltà ad assicurare servizi e consegne, annullamento di incontri fondamentali per l’attività di vendita e altro ancora, oltre agli incalcolabili danni di immagine e reputazione per il Made in Italy e, a cascata, sui soggetti economici nazionali.

In una recente intervista Peter Andrich, AD Koenig & Bauer Italia, ci ha raccontato come analizzano e affrontano in azienda una situazione in continuo divenire, con gli occhi e il vissuto di un’impresa italiana con casamadre tedesca. Non è un caso emblematico, ovviamente – ciascuna situazione fa caso a sé e occorreranno dati e analisi per classificare e tipizzare i problemi – e men che meno una “lezione” di management, ma una lezione di misura e buon senso concreto abbinati al rispetto della paura delle persone e della complessità del problema sì. Chi vuole può leggere l’articolo QUI.

#Il grande esportatore: un caso emblematico

Di altro tenore la comunicazione divulgata qualche giorno fa da Antonio Cerciello, presidente di Nordmeccanica, tramite lo studio StampaFinanziaria. È un appello al Governo affinché riprenda il controllo della comunicazione all’estero della crisi epidemiologica, per ripristinare una visione corretta della realtà e contrastare la concorrenza dei competitor esteri che si avvantaggiano della perdita di reputazione del Made in Italy. Nordmeccanica, ricordiamo, è un grande e reputato costruttore italiano di macchine per il converting, con 300 dipendenti e 100 milioni di fatturato per il 95% realizzato all’estero.

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«Sono molto deluso dai nostri politici. Non sono state prese le misure giuste per tempo, si è parlato troppo. E la crisi non sembra passeggera. Ora ci aspettano due o tre mesi per informare i nostri partner esteri di come stanno realmente le cose, superando gli allarmismi ingiustificati: bisogna che i nostri ministri degli esteri, dello sviluppo economico, della sanità vadano negli altri Paesi a informare. Abbiamo ordini fino a settembre, stiamo comunicando a tutti i nostri clienti e agenti di aver messo in atto tutte le azioni richieste dal Governo italiano per prevenire e controllare la diffusione del virus, garantendo comunque la corretta assistenza e consegna di parti di ricambio ma siamo comunque penalizzati dal clima di sospetto che c’è all’estero: fra revoche di incontri, rifiuti ad accogliere i tecnici che arrivano da Piacenza, giudicata troppo vicina alla “zona rossa”, consegne posticipate, abbiamo 4-5 milioni di euro di valore fermi, in attesa di qualcosa che viene rimandato senza una data certa per recuperare i collaudi. Una situazione di cui si avvantaggiano i nostri concorrenti, in Francia e Germania: in Italia si è perso il controllo della situazione, è il momento di andare all’estero, di spiegare che essere italiani non vuol dire essere contagiosi». [/su_expand]

#Fiducia

A chiusura rilanciamo volentieri le considerazioni divulgate in una Lettera aperta da Anna Paola Cavanna, vice presidente di Laminati Cavanna e presidente in carica dell’Istituto Italiano Imballaggio. Anch’essa piacentina, parla di paura e di coraggio, di difficoltà e solidarietà, di orgoglio e delle ricadute positive (sì, ci sono anche quelle) dell’emergenza sanitaria su una più corretta percezione di massa del packaging.

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«Siamo una grande squadra e in questi giorni lo abbiamo dimostrato. E’ trascorsa una settimana, solo una settimana anche se sembra molto più tempo, da quando è scoppiato in Italia il corona virus. Una settimana nella quale noi cittadini del nord ci siamo ritrovati paralizzati dalla paura, disperatamente alla ricerca di informazioni, cibo, mascherine e gel per le mani. Giorni fluidi e occhi smarriti; alcuni bloccati a casa dalla quarantena e alcuni dal panico fomentano e forse nemmeno tanto giustificato. La storia ci dirà se qualcosa è stato sottovalutato prima o ingigantito dopo. Io in questi giorni ho imparato una cosa importante a livello personale e aziendale; i dipendenti della Laminati Cavanna SpA formano una grande squadra. Noi orgogliosamente di PIACENZA, città emiliana vicino al confine Lombardo, così vicina a Codogno ma fuori dalla “zona rossa” ci siamo visti al centro del problema. Abbiamo dimostrato di essere persone responsabili che tengono al proprio lavoro, che non hanno perso nemmeno un giorno, pronti ad adattarsi a cambi di orario e direttive.Abbiamo affrontato questi giorni “day by day” insieme e uniti. Ho apprezzato enormemente questa dimostrazione di fiducia e ottimismo, questa flessibilità che ci caratterizza. Noi impegnati ogni giorno da 50 anni a laminare imballaggi principalmente del settore food non abbiamo smesso di garantire il nostro servizio ai clienti e abbiamo rispettato forecast e consegne. Forse in questi giorni concitati anche le Istituzioni, i giornalisti, i consumatori hanno avuto modo di apprezzare il PACKAGING che consente di reperire gli alimenti in un perfetto stato di freschezza, sicurezza, conservazione, fruizione e trasporto. Anche tutti i dispositivi di protezione individuale così importanti in questi giorni per medici, infermieri, operatori fatti in materiali plastici, in TNT o PVC sono serviti e non considerati solo degli elementi inquinanti per i mari o per l’ambiente. L’importante è che siano serviti al loro scopo di proteggere, tutelare, salvaguardare le persone e che poi siano stati smaltiti nel modo corretto. Penso ai camici, alle mascherine, ai calzari, ai guanti, alle tute di protezione, alle siringhe, alle flebo, ai blister del farmaci, alle bottiglie di PET, alle vaschette dei salumi, alle confezioni di pasta, frutta e verdura. Forse i “consumatori” hanno imparato a guardare gli imballaggi con occhi diversi rispetto alla campagna ottusamente “contro” degli ultimi mesi. Noi del settore del packaging flessibile da sempre ci impegniamo affinché gli imballaggi siano sicuri, igienici, pratici e anche belli; anni di studi, esami, prove, ricerca e sviluppo nel rispetto delle normative e delle certificazioni di qualità e igiene. Molto c’è ancora da fare per renderli migliori, più riciclabili, riutilizzabili e con un minore impatto per l’ambiente. Secondo me bisogna imparare a riconoscerli, a fare una giusta raccolta differenziata, a implementare gli impianti di recupero, ad incentivare nuove tecnologie e nuove soluzioni non a demonizzarli. La plastica non deve essere un nemico ma deve essere utilizzata in modo consapevole e responsabile in tutti i settori. Alimentare, farmaceutico, cosmetico, industriale: questi i principali mercati di riferimento dove la plastica non è un rifiuto ma una RISORSA. Il packaging “allunga la vita dell’alimento”: non uno slogan ma una verità che bisogna avere il coraggio e la forza di spiegare e dimostrare per il bene di tutti. Noi non abbiamo smesso di lavorare in questi giorni, abbiamo analizzato i rischi e messo in atto tutte le misure necessarie in ottemperanze alle direttive e per questo ringrazio tutti i nostri collaboratori d’aver dimostrato ancora una volta di essere una grande squadra». [/su_expand]