Arriva la nuova legge sulla serializzazione dei farmaci e la filiera deve dotarsi di nuovi strumenti e metodologie di lavoro, oltre a rivedere il lay out delle fustelle e lo spessore degli astucci. Ma il futuro prospetta cambiamenti più radicali, che passano dai QRCode e dalla domotica… Intervista a Roberto Masciambruni, Head of Packaging Design di Angelini.

Secondo la direttiva (EU) 2016/161, nell’Unione Europea la serializzazione dei farmaci soggetti a prescrizione medica ed alcuni OTC a rischio contraffazione sarà obbligatoria a partire dal 9 febbraio 2019, e mentre alcuni Stati annunciano una partenza anticipata, gli operatori italiani sono in attesa di conoscere le posizioni del nostro Paese, già provvisto di efficaci strumenti di tracking e anticontraffazione (il famoso bollino farmaceutico) ma ancora arretrato nell’adozione degli strumenti e delle tecnologie specifici per adempiere agli obblighi della nuova legge. Il problema, peraltro, non è solo europeo. Il Drug Supply Chain Security Act (DSCSA) degli Stati Uniti renderà obbligatoria la serializzazione alla fine del 2018 e richiede che vengano implementate procedure di Track & Trace senza soluzione di continuità entro il 2023, mentre in altri mercati importanti come Turchia, Corea del Sud, Cina, Russia e Brasile, l’implementazione è già avvenuta o sta per essere avviata, dunque gli esportatori verso questi Paesi, devono essere già in regola con le normative richieste che sono differenti rispetto a quelle dell’Unione Europea. È questo lo scenario che ha fatto da sfondo, lo scorso ottobre a Milano, alla decima edizione di Packaging del Farmaco, un incontro fuori dagli schemi, che vede l’alternanza di conferenze, inchieste, tavole rotonde, dibattiti formali e informali, con il coinvolgimento di produttori di farmaci di marca e generici, terzisti, fornitori di packaging e sistemi di etichettatura-codifica e tracciabilità, esperti di gestione e di legislazione, uomini delle istituzioni (dalle ASL fino all’AIFA)… È diventato un appuntamento fisso, dove gli operatori si ritrovano per confrontarsi sui temi caldi di ordine tecnologico, legislativo e organizzativo, in un clima di forte partecipazione che supera la naturale ritrosia fra competitor. Il motivo è espresso con chiarezza da Roberto Masciambruni, Head of Packaging Design di Angelini, (e i colleghi, evidentemente, concordano): «Il presentarsi di un problema tecnico come quello sortito dalla nuova normativa richiede una soluzione che riguarda tutti e la cui risoluzione apporta benefici a tutti, indistintamente. In altre parole, non accade che la sua condivisione crei vantaggi per qualcuno e svantaggi per qualcun altro. La competizione, invece, si gioca su altri tavoli, dove effettivamente è possibile ottenere vantaggi competitivi – non su un tavolo puramente tecnico. Per questo si sono formati gruppi all’interno della filiera dove si discute di questi aspetti, magari scoprendo che il problema che affligge uno è già stato risolto con successo dall’altro».

Temi e protagonisti dell’incontro

Organizzato da Pharma Hub, la community di IKN Italy dedicata al mondo farmaceutico, e moderato dal collega  Luca Maria De Nardo di Packaging Observer, il Packaging del Farmaco 2017 ha affrontato tre gruppi di argomenti – performance, tracciabilità e anticontraffazione , Data Integrity – con l’obiettivo di dare risposta ad alcune domande urgenti: come garantire la sicurezza del prodotto finale al paziente? Quali investimenti effettuare sui siti produttivi e su linee dotate di tamper evident per adempiere agli obblighi di serializzazione? Come rispettare i requisiti delle ispezioni per evitare le deviazioni in tema di archiviazione e integrità del dato? L’approfondimento di quest’ultimo tema relativo alla Data Integrity ha rappresentato sicuramente una delle novità dell’evento, non solo per la complessità delle soluzioni ma per la sua attualità e l’interesse che suscita in AIFA. Il congresso milanese è stato ideato con il contributo di un Advisory Board cui partecipano manager di aziende di spicco del settore, che hanno espresso molti dei relatori: Gabriella Arcari, Ufficio Acquisti Artworks & Packaging Design Supervisor di Recordati; Elena Piovosi, responsabile Laboratorio Packaging /Controllo Qualità in Bayer; Milena Maggi, Packaging Development Planner Supply Chain & Demand Dept. di Teva; Annabella Amatulli, Regulatory Affairs Biotech Dompé; Barbara Ghigini, Quality Compliance Manager di Boehringer Ingelheim Italia; Gianmario Canevari, responsabile Laboratorio Packaging Italfarmaco; Simona Cazzaniga, avvocato dello Studio Legale Sutti e, buon ultimo, Roberto Masciambruni, Head of Packaging Design Angelini, che ha accettato di rispondere alle nostre domande sui cambiamenti che interesseranno nell’immediato futuro le confezioni dei prodotti farmaceutici per effetto delle direttive sulla serializzazione.
Quali sono le ricadute della normativa sulla serializzazione sul packaging e il labelling? Quali sono i problemi che dovete affrontare in azienda e come lo state facendo?

Oggi come oggi la criticità che deve affrontare chi fa packaging design è trovare lo spazio per inserire la nuova codifica. Questo genera problemi soprattutto sugli astucci più bassi: se la codifica richiede uno spessore minimo di 18 mm, ma noi abbiamo prodotti soggetti a obbligo di serializzazione confezionati in astucci alti solo 13-14 mm, saremo costretti ad aumentare lo spessore dell’astuccio e far girare, così, molti meno prodotti sul pallet. Evidenti le ricadute economiche: in entrambi i casi, i costi logistici sono destinati a crescere in misura esponenziale, e per di più si tratta di costi “nascosti” che a inizio progetto non era possibile prevedere. Aggiungo per chiarezza che il problema nasce perché, nella stragrande maggioranza dei casi, la stampa dei dati variabili avviene sulla patella di chiusura dell’astuccio, la cui altezza è determinata dal quantitativo di prodotto contenuto. E questo, a sua volta, viene definito con un processo di reverse engeneering che parte dal pallet con l’obiettivo di riempirlo il più possibile: per sfruttare lo spazio al massimo, riducendo gli sprechi di materiale e l’impatto sull’ecosistema dell’imballaggio, il volume di ciascun elemento non può superare un certo valore.

Si tratta dunque di intervenire sull’artwork della fustella?
La modifica degli artwork degli astucci è necessaria, visto che diversi dati (prezzo, scadenza, lotto,…) spariranno per essere aggiunti in una fase successiva tramite codifica a getto d’inchiostro. Le stazioni inkjet vengono posizionate lungo la linea di produzione, subito prima della cartonatrice; ricevono l’astuccio già fatto, lo timbrano con le analisi di controllo OCR, lo codificano e poi lo mandano avanti. L’inkjet è la tecnologia preferita perché più affidabile e col miglior rapporto costi/benefici. Tuttavia, in questo modo il problema non si risolve completamente e l’intervento sulle dimensioni degli astucci in alcuni casi è inevitabile. Per fortuna, la maggior parte dei farmaci etici interessati dalla nuova normativa sono già contenuti in confezioni voluminose, per cui si tratta di un problema affrontabile sia da noi produttori sia dai nostri clienti farmacisti, che non saranno costretti a raddoppiare gli spazi per far posto a tutti i farmaci col nuovo packaging “ingigantito”.  Vale però la pena di sottolineare che essere in regola con le normative italiane non significa automaticamente esserlo anche con quelle di altri Paesi che, tipicamente, possono regolamentare farmaci diversi – da noi non soggetti agli obblighi di serializzazione e in Russia, ad esempio, sì. Le case farmaceutiche sono dunque costrette a modificare il packaging anche di quei prodotti, quantomeno per i lotti destinati all’esportazione. Adottando astucci più grandi per contenere la stessa quantità di farmaco, con conseguente impiego di compensatori di peso e spreco di materiali.

In base a quali criteri scegliete i vostri fornitori?

I nostri fornitori sono selezionati con attenzione, tenendo in conto anche l’esperienza maturata nel nostro mondo e della disponibilità di soluzioni già pronte.  Se da un lato questo ci costringe a scegliere fra pochi fornitori rinomati, e a spendere cifre ragguardevoli in impiantistica, dall’altro garantisce che i loro prodotti siano pienamente validi e validati, compatibili al 100% con le nostre linee di produzione e in grado di fare esattamente quel di cui abbiamo bisogno.

Oltre ad essere attivamente impegnata a recepire le norme e le soluzioni che garantiscono la sicurezza del consumatore, Angelini si distingue per vivacità progettuale. L’anno scorso, ad esempio, avete avviato la commercializzazione del Moment in astuccio con QR Code, tramite cui accedere a una serie di informazioni di prodotto, in più lingue, con la massima semplicità e da qualsiasi device mobile. Ce ne può parlare?

Nasce come progetto di pura innovazione, basato sulla contaminazione tecnologica. Tramite il codice QR  abbiamo portato nel pharma la possibilità di accedere a informazioni aggiuntive sul prodotto partendo direttamente dal packaging che diventa, così, sempre più chiaramente la porta verso il prodotto.  In Angelini l’abbiamo sviluppato almeno dieci anni fa, ma all’epoca la tecnologia non era matura e così lo abbiamo messo in naftalina in attesa di tempi migliori. E dato che la prima stesura era già avanzata, il successivo recupero è stato veloce: circa 6 mesi di sviluppo, più altri 6 per necessità regolatorie. Il tasto su cui abbiamo spinto è stato quello dell’utilità: invece che farne uno strumento pubblicitario, lo abbiamo sviluppato per offrire al consumatore informazioni di servizio di varia natura, e in molte lingue diverse.

Perché avete puntato al QRCode? Si tratta di un’opportunità per tutti o solo per alcuni target di consumatori tecnologicamente avanzati? Qual è stata la reazione del pubblico?

Abbiamo scelto di usare un QR Code e non un’app per evitare ogni possibile problematica legata alla gestione delle applicazioni, e permettere a quanta più gente possibile (non solo i nativi digitali) di accedere in maniera facile e veloce alle informazioni. In particolare, la scelta di un QR Code e di una landing page protetta evita la gestione dei cookies e di ogni altra attività di raccolta dati: il nostro è un servizio, non un mezzo per “pescare” dati relativi agli utilizzatori. Questa differenza è così chiara, e rilevante, che le autorità preposte all’autorizzazione, evidentemente più aperte e ragionanti di quanto si voglia riconoscere loro, non hanno fatto alcuna difficoltà: la burocrazia necessaria a ottenere l’approvazione ministeriale, che di solito dura 6 mesi, si è risolta in 15 giorni. E i risvolti di marketing sono stati importanti. Oltre a differenziare il nostro prodotto dal generico, questo impiego del QRCode ci ha permesso di realizzare una campagna pubblicitaria che ha avuto molto successo perché parlava di medicinali noti a tutti ma che hanno qualcosa di diverso. Il lancio è stato un anno fa, le vendite stanno andando molto bene e l’obiettivo a lungo termine è di renderlo uno standard per il settore, in quanto strumento utile sia ai medici sia ai farmacisti, ad esempio perché permette di snellire enormemente l’aggiornamento dei fogli informativi e aspetti correlati.

Sul piano tecnologico, quali sono le novità più promettenti?
Se guardiamo ai grandi trend, la domotica prospetta grandi cose, e non solo per la gestione degli elettrodomestici. Scansionando i codici presenti già oggi sulle confezioni, sarà possibile avere una lista dei farmaci in scadenza, sapere dell’uscita di un nuovo foglio informativo, e molto altro. Per ottenere tutto questo non servono interventi straordinari: molto spesso la rete elettrica delle case è già predisposta perché gli operatori, consapevoli degli orientamenti del mercato, si sono già preparati.