Rispondendo al quesito posto da un operatore, Andrea De Rossi, titolare di Tecnologie Grafiche, analizza il problema del metamerismo nella stampa industriale: cos’è, come si presenta e, soprattutto, come si può affrontare.

Il fenomeno chiamato “metamerismo” si ha quando colori che appaiono, all’occhio, identici sotto una certa luce, mostrano tonalità differenti se illuminati con una luce diversa. In sostanza, c’è metamerismo quando due colori si equivalgono sotto una fonte di luce, ma risultano differenti ad altre esposizioni. Questo effetto ottico è strettamente correlato al comportamento dei coloranti presenti nei tessuti (tipico il caso del vestito blu che appare nero sotto una luce gialla/alogena o al tungsteno), e degli inchiostri da stampa e dei pigmenti utilizzati nella stampa digitale (toner, inkjet). In particolare, negli inchiostri inkjet-UV la struttura piramidale della goccia depositata sulla superficie del substrato da stampare produce un parziale effetto prismatico di diffrazione della luce, che aumenta sensibilmente il fenomeno del metamerismo. Un problema che nella pratica industriale si risolve osservando e confrontando due materiali sotto la stessa sorgente luminosa. La sorgente consigliata è la D50 – la luce bianca del giorno, o daylight – con temperatura colore di 5000K. La norma ISO 3664 e la norma della stampa 12647-2 specificano che due substrati o inchiostri diversi devono necessariamente essere valutati sotto la Illuminate standard CIE-D50. Ma procediamo per gradi.

Quando si presenta il problema – Outdoor

In determinati campi di applicazione il colore è continuamente sottoposto a illuminazioni diverse, soprattutto negli ambienti esterni (outdoor) dove, ad esempio, il colore delle case “muta” perché la luce passa dalla temperatura colore di 1800K del mattino a quella serale di 16.000K. Il grafico mostra come la luce da calda (1800K) diventi gialla, azzurra e poi blu. In realtà ci sono molte più varianti di colore. La luce bianca è compresa tra i 5000K e i 6500K e quella a 5000K è considerata lo standard per la valutazione del colore.

Quando si presenta il problema – Indoor

Gli interni (indoor) sono illuminati non solo dalla luce artificiale interna, ma anche da quella proveniente dall’esterno o da una miscela di entrambe. Le due linee verticali del grafico sottostante indicano il campo di temperatura colore che in genere è presente all’interno di un locale, ovvero tra 2850K e 7500K. Ai cambiamenti di illuminazione, e quindi di resa cromatica, sono sottoposti diversi materiali, pareti, pavimenti, porte, battiscopa, tendaggi, mobili, complementi d’arredo e vettovaglie. Materiali che hanno, inoltre, ciascuno una propria struttura superficiale che influenza il risultato. Una condizione critica si crea, ad esempio, accostando un pavimento di legno con la sua grafica (disegno e colore) e un battiscopa fatto di un altro materiale: carta, laminato plastico o alluminio. La stampa digitale aiuta a produrre piccoli lotti in tempi rapidi, ma porta inevitabilmente con sé delle problematiche tecniche legate alla riproduzione del colore che vanno affrontate e risolte, almeno parzialmente.

Perché il battiscopa appare diverso dal pavimento

È evidente che la struttura dei due materiali è sostanzialmente diversa: parliamo di un legno naturale impregnato di colorante e di una carta stampata col pigmento colorato steso sulla superficie. La percezione del colore è fortemente influenzata dalla “brightness constancy” ossia dalla brillanza specifica della struttura di ciascun materiale.

La brightness constancy e la psicologia visiva del colore

Un foglio di carta bianca visto di giorno, al sole, riflette una quantità di luce molto diversa rispetto allo stesso foglio di carta visto alla sera, in una stanza illuminata con una più leggera luce artificiale. Tuttavia, la carta ci appare con la stessa bianchezza. Questo è un esempio di costanza della luminosità: anche se la luce può cambiare le proprietà sensoriali immediate di un oggetto, la sua luminosità resta uguale e come tale la percepiamo. Gli psicologi hanno determinato che un oggetto esibirà costanza della luminosità fintanto che sia l’oggetto medesimo sia il suo ambiente circostante (surrounding) hanno la stessa intensità di luce. Se invece la luminosità dello sfondo differisce da quella dell’oggetto, la costanza della luminosità non viene mantenuta. Ad esempio, se lo sfondo è più chiaro rispetto all’oggetto, quest’ultimo appare più scuro.

Si può risolvere il problema?

Il problema è irrisolvibile perché strettamente connesso al meccanismo della visione umana e quindi alla percezione del colore, che non è un fatto tecnico ma emotivo/psicologico. La tecnica, però, può venire in aiuto limitando gli effetti di varianza superficiale, che si attenua se il colore stampato ha una composizione cromatica prevalentemente costituita da Nero. Essendo acromatico, infatti, il Nero stabilizza il colore delle altre componenti cromatiche (costituite dagli altri colori primari di stampa Cyan, Magenta, Giallo).

La tecnica del GCR

L’uso di tecnologie specifiche e avanzate di color management consente di comporre una tinta in modi diversi garantendo lo stesso risultato visivo. Una di queste si chiama GCR, acronimo di Gray Component Replacement. È un metodo per ricomporre la struttura di separazione dei colori spostando sul nero la componete grigia creata dalla tricromia. Com’è noto, infatti, sommando 50%C+40%M+40%Y si ricava un grigio neutro medio che si può tranquillamente sostituire con una percentuale di 55% Nero ottenendo la s tessa tinta. Un esempio pratico.

Siccome la tinta del legno Marrone Ciliegio è prevalentemente rossa, per stabilizzare il colore si toglie il colore complementare Cyan portandolo dal 18% a quota 0%. Si noti come la somma della tricromia 3C costituita da Cyan-Magenta-Giallo passa da 204% a 171%. In questo modo verrà ridotto, per quanto tecnicamente possibile, il metamerismo. La tricromia, infatti, è la causa del metamerismo: più si riduce la componete tricromica e più il metamerismo diminuisce. C’è comunque un limite sotto il quale non si può scendere, altrimenti non si copia la tinta desiderata. Una fase tricromica è comunque indispensabile per riuscire a realizzare tutte le composizioni cromatiche necessarie. Concludendo, i colori saturi portano inevitabilmente con sé del metamerismo e questo non si può eliminare: è congenito con la tecnologia di stampa e con i suoi inchiostri. È invece più facile ridurre quasi a zero il metamerismo di colori neutri, come ad esempio il Noce Naturale. Ecco illustrato questo concetto nella tabella: qui la composizione tricromica è stata ridotta quasi di un quarto e quindi la tinta sarà fortemente stabilizzata. La componete acromatica Nero passa da 50% a 74%, ossia un terzo in più. Con tinte di legni neutre come questa è possibile eliminare quasi completamente il metamerismo.

Come si controlla

Per valutare il metamerismo ci sono due metodi: strumentale, misurando con uno spettrofotometro il parametro MI (Metamerism Index), o visivo, valutando il colore dentro una cabina colore con 3 illuminati standard.

La cabina: condizioni per un test efficace

Dopo avere applicato le opportune tecniche di Color Management si fa una verifica visiva dentro la cabina colore (ad esempio, GTI-Mini Matcher), per valutare il risultato ottenuto. Il pezzo di legno viene posto in piano e il battiscopa in posizione verticale sullo stesso per simulare la reale condizione della posa in opera. Infatti due colori che appaiati risultino uguali, potrebbero sembrare un poco diversi se confrontati uno sulla normale dell’altro, formando un angolo di 90°. La cabina colore è dotata di Illuminanti D50, luce del supermercato (CWF-Cool White Fluorescent), e luce di casa a incandescenza (Illuminante A); una lampada ultravioletta può essere miscelata per valutare la presenza di OBA o sbiancanti ottici (nel “box” soprastante il dettaglio delle sorgenti luminose/illuminati usate per il controllo in cabina colore). La cabina è anche protetta dall’ambiente esterno, ossia da influenze di luce esterna che possano miscelarsi con la luce emessa dal visore. Non solo: è verniciata con uno speciale “grigio neutro” Munsell n. 8 in modo che le pareti non abbiano a influenzare o alterare la tinta originale del campione che viene valutato e analizzato al suo interno.

di Andrea De Rossi, titolare di Tecnologie Grafiche

[su_box title=”GTI – Tubi normalizzati con Illuminanti standard ISO 3664:2009 ” box_color=”#e6000a” radius=”5″]

5000K

Luce artificiale del giorno (daylight) di colore bianca neutra con temperatura colore 5000K che simula la luce del giorno. D50 è la distribuzione di energia spettrale (SPDSpectral Power Distribution). È la sorgente luminosa per la valutazione del materiale stampato e del match tra prova colore/ stampa. Risponde allo standard ISO 3664:2009.

D65-6500K

Luce artificiale del giorno (daylight) di colore bianca fredda con temperatura colore 6500K che simula la luce media del giorno. D65 è la distribuzione di energia spettrale (SPD). È la sorgente luminosa impiegata per la valutazione di inchiostri, vernici e tessuti.

CWF-(Light Cool White Florescent)- 4100K

Ovvero la luce utilizzata nei grandi magazzini. Riproduce l’emissione dei tubi fluorescenti commerciali inseriti nelle plafoniere che illuminano i punti vendita. Normalmente ha una temperatura colore “calda” di 4100K (rosata/ rossastra).

TL84-4000K

Tubo fluorescente a banda stretta. La temperatura colore è di circa 4100K. Oggi viene sostituito dal tubo CWF che è la versione aggiornata con pari caratteristiche.

TL83-3000k standard

Lampade fluorescenti trifosforo Philips, spesso scelte come luce di riferimento per il punto vendita. Questo tipo di tubo serve a simulare la luce alogena. Il colore emesso appare rossastro- giallastro.

A-(Alogena)-2850K

Rappresenta la tipica illuminazione a incandescenza delle abitazioni (home lamp). L’emissione spettrale è quella del filamento di metallo tungsteno portato a incandescenza. I colore è caldo rossastro- giallastro. È identificata come Osram/Sylvania-40watt-Tubolaire type Frost.

Ultravioletta-(BLB)

Anche conosciuta come “lampada di Wood”. Serve per il rilevamento di sbiancanti ottici, agenti sbiancanti e coloranti o pigmenti fluorescenti contenuti nelle carte e nei materiali di colore bianco. [/su_box]